Non è certo una novità che il rock progressivo sia il grande erede del poema sinfonico, di quella musica a programma che ebbe tanta fortuna nell'Ottocento e che unisce, in questo suggestivo interstizio della popular music, protagonisti della prima ora e nuovi adepti. Pensiamo al Banco con il secondo lp “Darwin”, di cui si festeggiano quest'anno i 40 anni: un lavoro che, prendendo spunto dalle teorie darwiniane usava l'evoluzionismo come metafora di una società in cambiamento grazie alle nuove energie giovanili.

Erano altri tempi, c'erano ritmi e dinamiche diverse, il pubblico chiedeva molto – troppo? – alla musica e otteneva risposte importanti, formative, oracolari. A quarant'anni dal popolare lavoro della formazione romana, un altro gruppo torna a Darwin, alla sua vita, ai suoi studi e al suo lascito: sono i XII Alfonso di “Charles Darwin”, triplo cd che si presenta subito come opera “definitiva” dell'eclettica compagine francese. Philippe Claerhout e i suoi hanno fatto le cose in grande confezionando un sontuoso e impegnativo poema rock in tre album, sfoderando non solo idee valide, convincenti e impeccabili ma anche un parterre di ospiti stellare, da Elliott Murphy a John Halliwell, da Maggie Reilly a John Hackett, da David Paton a Terry Oldfield, da Michael Manring a Ton Scherpeenzel.

Scelta inevitabile quella del coinvolgimento esterno, vista l'ampiezza di riferimenti e collegamenti: scelta necessaria per conferire all'opera vitalità, ricchezza di atmosfere e colori. L'impianto narrativo è decisamente “scientifico”: i XII Alfonso hanno lavorato sulla biografia darwiniana raccontando crescita, scoperte e lasciti in un film sonoro di singolare varietà. D'altronde i francesi non sono certo alle prime armi, anzi con “Claude Monet” in particolare hanno già testato le proprie possibilità di concept-band. Acustico e cinematografico, world music e jazz-rock, celtico e pop, ballate e rock melodico si accavallano con sapienza: la band evita le prevedibili ambientazioni sinfoniche vintage e punta a una rock-song matura che ha in Alan Parsons, Pink Floyd, Curved Air e Rush i principali punti di riferimento.

Ambizioso, magniloquente e vasto, “Charles Darwin” ha l'unico neo di un'eccessiva attenzione alla misura, come se i XII Alfonso avessero temuto di esagerare, di sconfinare, di annoiare l'ascoltatore, tenendosi a freno. In ogni caso si tratta di un'opera decisiva per l'art-rock moderno, che conferma ancora una volta la serietà e la preparazione della band.

http://www.xii-alfonso.com

D.Z.