La vita scandita dalle date del rock è una roba un po’ triste, da ragionieri della musica contabili delle note, ma tant’è – e c’è anche di peggio.
Ad esempio ricordo il compleanno di mia mamma poiché è nata esattamente lo stesso giorno di Freddie Mercury, a qualche ora di distanza. Con la differenza che lei era vecchia già da giovane.
Oggi si celebra un anniversario visivo.
In origine il disco doveva chiamarsi Everest, in omaggio alle sigarette che fumava Geoff Emerick. Però era difficile trovare un accordo: solo uno su quattro aveva davvero voglia di rispettare il vincolo del titolo e volare in Tibet a fare la foto. La soluzione fu geniale: “E che cazzo, usciamo dalla porta e intitoliamolo Abbey Road” sbottò Ringo. Benedetto sia il ringoismo. Così nacque la copertina più raccontata della popular culture.
Il metodico Paul buttò giù una bozza, alle 11.35 dell’8 agosto Iain McMillan salì sulla scaletta per fotografare il quartetto, Macca approvò lo scatto definitivo, mr. Paul Cole è ancora lì, accanto al furgoncino nero a osservare quattro eccentrici capelloni che attraversano la strada. Uno scalzo, uno tutto bianco.