Gurdjieff e Jung si dicevano cose belle a distanza di tempo e spazio, anche senza saperlo – forse. Quando la nonna del primo era in punto di morte, lo salutò invitandolo a non fare quello che fanno gli altri. Il secondo introdusse l’immagine dell’eroe partendo dal lato scimmiesco e imitativo dell’uomo. Siamo tutti scimmie vogliosamente emulative, inguaribilmente cedevoli. Basta una nasata di vinile per farci capitolare. Per quanto riguarda me, non cedo alla tentazione del 45 giri: mi comunica fretta, ansia, usa e getta consumistico.
Unica eccezione una decina d’anni fa in un momento di pausa al Fasano Jazz. Avvistai una scalinata con un negozio di dischi – Il Pentagramma: chiuso da qualche anno, mi comunicano dalla regia – e ne riemersi con una busta piena di 33 giri di Alice. Non presi Il sole nella pioggia e – due gioielli che avevo già da anni, calamitato dalla bancarella nel vicolo di fronte alle poste centrali a Napoli – ma rimisi in equilibrio la bilancia cosmica con un 45 giri.
Un ricordo di me, come un incantesimo.