Tra le tante, forse troppe, parole e locuzioni che detesto, c’è mammo.
Fa la sua figura speciale accanto alle odiate resilienza, particolare, tanta roba – se poi vengono pronunciate con quel gesto malsano delle dita a virgolette divento tollerante come un Ayatollah.
Mammo. Che parola. Esiste papà. Semplice, immediata, antica, paterna insomma.
Quando accudisco e curo le mie cucciole, quando amministro e governo le loro giornate, quando accolgo i loro desideri e provo a realizzare i loro sogni, non faccio nulla di diverso da quello che fa una mamma. Nulla di più o meno prezioso. Anzi, ora che sto cominciando ad ascoltare le confidenze sentimentali di Federica sto diventando anche amico.
Ormai, essendo un veterano della materia, ho imparato a prendere il buono delle rinunce, dei passi indietro, delle interruzioni che guarda caso arrivano sempre sul più bello. Come l’altra sera durante le proiezioni di Frammenti Doc.
Eleonora era tipo una trottola in un involto, non riusciva a trovare pace tra eccitazione e sonno, così l’ho cullata seduto in piedi a terra in diagonale. Mi è toccato guardare i corti con la coda dell’occhio e dell’orecchio: ho scoperto molte cose che la visione frontale non mi avrebbe mai offerto.
[Foto Nico Machea]