Dopo ogni evento, che è una calorosa sequenza di parole ascolti sorrisi sguardi domande risposte suoni ancora parole, si impone l’antico auspicio di Goethe: che si torni a una silenziosa contemplazione. Temporanea, mi permetto di aggiungere, per poi tornare a fare spazio tra i rumori.

Ieri sera alla Libreria iocisto, di cui sono onorato di essere socio, abbiamo celebrato il 29 settembre battistiano. Quando ci si addentra nella storia di canzoni così popolari, che mettono radici nell’humus profondo di chi ascolta, si sprigiona un immaginario. Battisti poi, che come scrive Gianluca Nunziata è stato uomo di tante parole nei silenzi, evoca memorie. Abbiamo provato a condividerle tra spunti, aneddoti e riflessioni.

Probabilmente abbiamo contribuito anche a colmare nel nostro piccolo dei vuoti narrativi, cercando di spiegare cosa c’è dietro una canzone, quali processi di artigianato nobile si celano nella scrittura, nella ricerca del suono, nella restituzione di emozioni. E poi non capita così spesso di poter raccontare lo strumming del Battisti chitarrista che ascoltava Ritchie Havens, Joe Cocker e i Creedence.

Grazie a Iocisto e al suo pubblico così attento e partecipe. Grazie anche al Bar Centrale 4.0: il cocktail Tempo di Morire ha un bel retrogusto blues.