Ogni anno, finita la radio, si apre l’Era Corta della Mestizia.
È tipo il secolo breve, dura giusto qualche giorno, il tempo di metabolizzare la mancanza del microfono, dell’ebbrezza delle playlist, della gioia dei feedback. Poi la macchina dell’ascolto si rimette in moto e corre fino a settembre, quando RCN torna in onda carico di novità elettriche.
Abbiamo sempre vissuto Radio Città come un luogo di incontro, anche in omaggio al suo nome. Un piccolo spazio comunitario nel quale sono accaduti eventi preziosi e abbiamo conosciuto umani di qualità, dagli ospiti live ai curiosi divenuti amici. Il covid ha inesorabilmente ristretto l’accesso, anche per questo gli ultimi due anni sono stati assai intimi. Il direttore ed io, insieme al circolo di fedeli amici invisibili sintonizzati da ogni dove.
Un tempo l’omino ritratto in foto veniva spesso in radio. Presa confidenza cominciò a entrare di pancia, con la prepotenza di Alberto Sordi quando arriva e fa decollare il film.
Gli avevamo confezionato su misura un programma ideale che gli calzava a pennello, operazione di finissima sartoria radiofonica. Peccato sia durato solo un paio di puntate: il radio show più corto dell’etere. Resta un cult perché raccontava le vie segrete di Benevento tra storia e facezie, un ping pong di geniale follia.
Con Giovanni, meglio noto come il professore, sono andato a scuola. Amicizia storica, consolidata negli anni anche in lontananza, anche nei silenzi fisiologici di quando si prendono altre vie e si esplorano altri luoghi. Ci siamo incontrati ieri sera finita la diretta. Non ci si vedeva dal maggio del 2020, quando ci salutammo con la mascherina, straniti per il contesto, curiosi di saperci dopo tre mesi blindati in casa.
Un tempo andavamo a caccia di musica insieme. Ricordo un memorabile concertone del Banco in terra caudina a metà degli anni ’90. E nello stesso periodo anche le Orme, ma nell’Irpinia profonda. Giravamo tanto all’epoca. Ora si gira in altri modi, con una diversa santa incoscienza.