Una decina di anni fa scrissi un libro su Baglioni. Talvolta mi imbarazza ricordarlo, altre volte mi diverte, è come se tornasse a galla quel senso di sfida con cui accettai la proposta di Aereostella.
All’epoca l’editore aveva una collana di testi brevi dedicati ai principali cantautori italiani, fui spinto dalla voglia di offrire un contributo accanto a brillanti saggi su Battiato, Vecchioni, Dalla e molti altri. Non piacque molto ai fan radicali del Divo: credo che il tono critico verso i dischi degli anni ’70, che francamente poco digerisco (fatta eccezione per Solo), abbia pesato molto.
Ieri ho ritrovato il box del trentennale di Strada Facendo. Forse il miglior Baglioni. Ego fagocitante come sempre, ma al netto della retorica del periferico che con voce tonante arriva finalmente al centro, è un album di grandi canzoni.
L’ho un po’ ridimensionato dopo il libro su Una giornata uggiosa – del quale, a voler essere proprio cattivelli, è una quasi gemmazione – ma la combinazione tra una scrittura matura, un Geoff Westley determinante e la spinta degli anni ’80 appena scattati lo rende memorabile.
Oggi riscriverei parzialmente il librino. In alcuni passaggi sono stato piuttosto tenero, in altri un po’ tranciante. Credo però di aver fatto conoscere ai lettori abituati alle mie scritture rock un punto di vista diverso su un autore che merita un ascolto smaliziato, in particolare per la produzione dall’81 al ’95.
D’altronde diceva Nietzsche – oddio citare lui e Baglioni nello stesso scritto è da Gran Paliatone – che la grandezza dell’uomo sta nell’essere un ponte e non uno scopo: a volte noi autori piccini produciamo connessioni inattese, un gancio in mezzo al cielo per belle scoperte.