27 marzo 1984.
Oggi compie 39 anni Three Of A Perfect Pair.
Si avvicina al quarantennale uno degli album a me più cari, uno dei primissimi che acquistai.
Lp carico d’adolescenza e speranza, quando nella musica si riponevano aspettative rare, preziose, come il sondare se stessi per migliorare il mondo attraverso la musica.
Avevo trafugato a mia nonna un coso – chiamarlo giradischi mi suona ancora troppo ottimista a oltre trent’anni di distanza – dal nome altisonante: Stereorama 2000 Deluxe della Reader’s Digest.
Ricordo ancora l’odore del coperchio in plexiglass, il clic dei sei potenziometri anteriori, aveva anche un affarino che, impilati i dischi, li spostava uno alla volta. Testai l’apparecchio, che a metà anni ’80 già dominava nell’Impero del Vintage, con tre album: Past Masters dei Beatles (solo il secondo dei due vinili, quello con le barbe), Done With Mirrors degli Aerosmith e il disco giallo dei King Crimson. L’anno della doppia antologia bitolsiana ci consente di datare il furto dalla casa dei vecchi intorno al 1988.
Quando metto Three Of A Perfect Pair in cd o in streaming, mi riesce difficile separare l’ascolto della memoria da quello attuale: è sempre dentro di me il fruscio del vecchio 33 giri. Ma ciò che ricordo con maggiore emozione è l’impatto della copertina. Il disegno originale fu di Peter Willis, che frequentò gli studi gurdjieffiani con Robert Fripp alla Sherborne House: da quello Timothy Earnes realizzò la front cover dell’84. Un antico simbolo ermetico che stilizza la sizigia del 1973 di Larks’ Tongues In Aspic. Una congiunzione di opposti: l’arco inferiore – solare, maschile – tocca in un sol punto il superiore – lunare, femminile – mentre in back cover un arco rosso li attraversa.
Salta la distinzione tra facciata A e B, si impongono la Left Side da una parte e la Right Side dall’altra. Campeggia il giallo regale, lo immagino trionfare alle spalle della Giustizia art nouveau firmata Rider-Waite.