Le musiche si muovono tra attimi e coincidenze. Incidono insieme nel luogo e nel tempo.
L’accadimento è magico quando innova l’esistente; quando lo arricchisce o lo depriva, dunque lo modifica.
Accadono attimi magici. Maggiore è la loro brevità, più potente è la loro intensità, più lunga è la loro storia. Penso all’istante tra la fine della musica e l’inizio dell’applauso. Un’infinita pausa, un incontro tra la coda delle note appena sfumate e la risposta del pubblico che sale dal profondo, da lontano. Dissolvenze incrociate.
Il backstage è luogo di attimi. Spesso più preziosi di quelli del palco, dove vige il copione anche nella più estemporanea delle improvvisazioni, perché impera la distanza con il pubblico.
Non vedevo da tempo Pietro Previti, uno dei più abili fotografi musicali in circolazione. Ha fatto capolino nella stanzetta dell’attesa e ha scattato. Anche l’accadimento fotografico instaura un copione. La verità è tra l’intenzione di rapire il momento e la reazione di pancia del soggetto ritratto. Ognuno di noi quattro ne ha avuta una, dall’orgoglio all’imbarazzo.
Pubblico speciale ieri alla Domus Ars. Dimora di musica che invita al raccoglimento nell’ascolto. Max Fuschetto, Enzo Oliva e Pasquale Capobianco hanno catturato la miglior attenzione dei presenti. La fata buona di cui parlava Robert Fripp dai primordi dei King Crimson.
C’era un programma di sala, tuttavia molti mi hanno chiesto informazioni sui testi. Per fatti di sintomatico mistero si potrebbe tacerne l’origine, ma il debito verso i maestri impone trasparenza.
Ho letto una combinazione tra Elèmire Zolla (L’umana nostalgia della completezza, 2022), Gilles Deleuze (Il sapere, 2014) e Valentino Zeichen (A Lucio Battisti, da Neomarziale, 2006); poi Camminavi (sfogliate il booklet di Ritmico Non Ritmico…); infine Nei Sette Boschi e I vecchi si ammirano nell’acqua di William Butler Yeats (da Nei Sette Boschi, 1903).
Sul come e sul perché questi scritti si sono mostrati e poi composti in scaletta, non c’è risposta. Questione di attimi.