Che strana vigilia di Natale. Stamattina mi sono svegliato con tanta voglia di estate. Bizzarro per uno che ama i climi più freddi, che adora imbacuccarsi e sfidare le nevi sannite, attraversare autunni e inverni a suon di Genesis, sorridere per gli occhiali appannati all’entrata del bar in attesa di un bel cappuccino ardente. Sarà stata l’influenza della pupa che ci ha serrati in casa, saranno stati i suoi orari che ormai ci costringono a spremerci per fare il maggior numero di cose nel più breve tempo possibile e a velocità inusitate che neanche i Napalm Death col fuggi fuggi per la cacarella: insomma questo desiderio d’estate si presenta tutto con un sapore di fuga.
Dell’estate amo una cosa su tutte: la Controra. Se siete nordici non potete capire, io lo sono per metà ma ho l’emisfero genetico meridionale che mi consente di apprezzare la Controra. C maiuscola perchè è un momento sacro, di devozione totale, di sospensione immediata di qualsiasi funzione cerebrale dopo il pranzo. Uno spazio dove il tempo si ferma, un tempo dove lo spazio si dilata: il sole picchia duro, l’asfalto diventa lava, i silenzi regnano incontrastati, le ombre sono un refugium peccatorum, le strade deserte diventano lastre roventi e solo pochi audaci diavoli elettrici si aggirano. Mi manca questa totale desolazione della Controra, momento topico che ho sempre sfruttato per iniziative controcorrente invece della tradizionale – e universalmente apprezzata – siesta pomeridiana.
La Controra è temibile: una volta andai a chiamare quel gran genio del Casazzone per ascoltare il nostro amato Ivan Graziani in macchina e il suo pavido zio, impaurito da quel caldo alienante, ci mise in guardia dai pericoli della canicola post prandiale: “Uagliò, statev’ accuorti, nun s’esce ‘a cuntrora!”… Evidentemente lo zio ricordava bene che gli antichi romani parlavano di “contra horas” per indicare quel pericoloso interstizio pomeridiano costituito dalle famigerate “ore contrarie”. Non era semplice stanare il Casazzone, che adoperava il suo prezioso tempo nella Controra per un riposino: a noi piaceva chiamare “effetto notte” questa sua singolare pratica, che partiva dopo aver fumato una bella serie di sigarette dopo pranzo e consisteva nello sprangarsi in camera, persiane abbassate, pigiamino fresco cotone estivo, scoreggia libera e sveglia intorno alle 18.00. Galeotte furono le cassettine dei Metallica che gli regalai e che – Kill’ Em All su tutte – lo liberavano da qualsiasi tentazione soporifera.
Ho memoria di grandi Controre. Alcune me le ha rispolverate Umberto Palazzo con il suo disco Canzoni della notte e della controra. Ricordo un vulcanico agosto del 1996, quando chissà perchè uscivo alle 14 per portare a spasso il mio cagnolino Blues – pace all’anima sua, ora piscia e scacazza incontrastato nei verdi pascoli rompendo i coglioni a quei finocchi di Lassie e Rin Tin Tin: colonna sonora di quelle passeggiate al calor bianco era Rust In Peace dei Megadeth, che ascoltavo in cuffia sognando volumi clamorosi per svegliare i borghesi panzuti alle prese con il sonnellino. Un’altra splendida Controra che ricordo era all’ombra dei noccioli nella campagna dei miei nonni insieme a mio cugino Antonello e a una cassettina antologica di Enzo Avitabile: avremo ascoltato Soul Express a ripetizione una ventina di volte. E quella volta in Panda con Tonino, Massimo, mio fratello e un Casazzone sottratto a forza all’indegno sbragamento: sfrecciavamo nelle campagne tra Calvi e Apice con il terzo lp degli Ibis facendo a gara a chi cantava come Nico Di Palo. Una Controra memorabile anche insieme a Ghibli: aveva uno spacco dopo pranzo e sfidammo una minacciosa calura da deserto per andare al GS, solo lì si trovavano delle cassette RCA di Formula 3, Perigeo e Rovescio della Medaglia.
E così, nostalgico e “un po’ peones” (sgamatemi la citazione), la Controra me la sono ricreata da me. E’ un po’ come trombare con una bambola gonfiabile, ma tant’è… Una Controra tutta mia, in pieno inverno e in un orario che proprio controrario non è: alle 11, mentre scrivevo forsennatamente al pc. Un raptus di quelli (psico)analizzati da Oliver Sacks in Musicofilia mi ha portato alla corte del Banco, per un glorioso riascolto di Garofano Rosso: partito il tema di Zobeida, un fascio di raggi di sole mi ha accarezzato il viso e mi sono perso in una magica aura da forno estivo. Da lì, messere, non si domina nessuna valle, ma ciò che si vede è.