Diario on the road oggi. On the irony road, per la precisione, perchè sono in treno verso Livorno: direzione Teatro Goldoni, stasera si debutta – prima nazionale! – con Spring Awakening. E’ la versione italiana del musical americano di Sater & Sheik, debitamente adattato ai palchi italiani, fibrillato di elettricità con tanto di band live. Insomma niente plastica e lustrini Broadway-style ma nervi, sudore e rock. Un risveglio di primavera. Non ho mai letto l’opera di Frank Wedekind dalla quale è tratto il rock drama ma quel titolo mi insegue da anni. Ho una predilezione speciale per i nomi, per le risonanze che innestano, per il turbine interiore che scatenano: da un nome parte una suggestione, si dirama un ricordo, cammina una sensazione, trottola sorridente una fantasia. Nomen omen e anche di più.
Per il mio nuovo libro sui King Crimson non ho avuto alcun dubbio per il nome: Islands! Un nome carico di significati, che allude a quel disco che amo in modo speciale e al concetto di isola nell’oceano rock che ho voluto dare all’esperienza crimsoniana. A differenza di quanto accade di solito, ovvero il pantano delle difficoltà nel quale piombo sempre da pessimo titolista quale sono, questo nome è spuntato fuori al volo, anzi ce l’avevo già in mente un secondo dopo aver ricevuto la proposta dall’editore. E che divertimento quando nel libro ho dovuto spiegare significati e connessioni del nome King Crimson… Per l’occasione ho scoperto una mia nuova e viziosa mania: sfogliare a caso il Dizionario dei nomi rock e perdermi in un labirinto di farfalle di ferro, sabba neri, profondi porpora, giardini del suono, colori viventi e teste di radio. E poi premiate, banchi, raccomandate, locande e paradisi a basso prezzo…
Il librone di Bolli è utile e simpatico per noi disperati maniaci della completezza rock: tutti i nomi dei gruppi, con motivi della scelta e agganci extra musicali. E naufragar m’è dolce in questo mare di onomastica rock, nel quale immagino vogliate sapere i miei preferiti, per assonanze, reminiscenze, accostamenti e follia. Eccovi serviti: Wheelchair Furnace, Queens Of The Stone Age, Grant Willard Conspiracy, Orquestra del Desierto, Ash Ra Tempel, Jefferson Airplane, Acid Mothers Temple, Barclay James Harvest, League Of Gentlemen e Urban Dance Squad. Senza dimenticare i nomi-sberla Toto, Asia, Guru Guru, XTC, Who, The The e Wham!.
E così, mentre ronzo su rotaia dopo Civitavecchia, si è fatta una certa e la panza reclama. Da una rumorosa carta marroncina sfodero due succulenti paninoni profumati – “certi prosciutti di montagna che solo l’odore ti ubriaca”, avrebbe detto Totò – che come per magia scompaiono dopo un paio di bocconi. Satollo e bricioloso, osservo l’adesivo che univa i lembi della busta. Un simpatico ciccione buontempone che ha un nome importante: quello del sommo poeta, del Cruciani dei Soliti ignoti e soprattutto del mio babbo. Il treno sfreccia, la panza rantola ancora di piacere e mi viene in mente quando ero piccolo, quando tutti si stupivano che il mio babbo avesse un nome così autorevole. Un nome che stonava un bel po’ con il terroso, sciancato e infortunato Zoppo.