Da qualche anno, sulla scorta della mostra al Guggenheim del 2019, ho scoperto Hilma Af Klint. Esercita un fascino difficilmente resistibile. È stata una di quelle figure magnetiche, isolate eppure connesse ai centri sottili del suo tempo fuori dal tempo. Artiste calamite, spore, ragni, polmoni.
Non so se definirla – e perché mai, poi – una personalità-alveare che trabocca di segni; o forse una pittrice-raggiera che espande simboli. Certo è che serve una forza sovraumana per indietreggiare, sottrarre, privare, dall’accumulo al silenzio. Un universo di numeri e misure: quattro verità, ottuplice sentiero, scalino medio.
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