Prima di puntare il ditino contro l’altro per correggerlo, proviamo a correggere noi stessi. Prima di censurare l’altro perché ci provoca sofferenza, proviamo a comprendere la sua, a capirne la natura.
Thich Nhat Hanh ha lasciato tanti insegnamenti che ci stimolano a ripiegare per spiegare e volare, a sostare per vedere e comprendere. Impossibile non ricordarlo accanto a Martin Luther King. Il suono della pioggia è bellissimo, amava ascoltarlo. Ci ha invitato a bere il tè – o a fare qualsiasi altra cosa – lentamente, con riverenza, come se fosse l’asse intorno al quale ruota la terra. Il mozzo nel quale è l’asse immobile della verità, ruota del Dharma che gira.
Ieri sera, terminato l’incontro sui Grandi Album Antichi del 1972, l’amico Fabrizio Papotto mi ha raccontato di un Lp raro, introvabile, ignoto ai più. Si chiama Grande Italia, annata 1975: un’antologia modenese con nomi importanti come Guccini, i Nomadi e una pletora di meteore. Mi ha segnalato una canzone, che da Lou Reed con un walking bass ciondolante è arrivata fino a Victor Sogliani dell’Equipe 84. Sì chiama L’inquietudine. Da ascoltare. Piacevolmente raggelante. “Ecco, quello che temo io è un’altra cosa: è l’antica paura della mia solitudine”, cantava con agrodolce mestizia il buon vecchio lungo Victor.
Ieri non siamo stati soli. Ringrazio di cuore il pubblico della Biblioteca di San Vincenzo, ormai fedelissimo, che mi ha accompagnato nel racconto dei dischi del 1972 con Covergreen. Mezzo secolo di rock e canzone, da Lou Reed a Battiato, da Neil Young ai Deep Purple. Piccoli cerchi elettrici nei quali seminiamo sorrisi a 33 giri.