L’arte è un corpo.
Un’immensa distesa composta da un unico grande tessuto connettivo.
Un film, la colonna sonora, l’origine concettuale, la destinazione visiva, la congiunzione sapienziale, il risvolto scenografico, il rimando a un sospiro profondo.
Un oceano sommerso di richiami ed esperienze.
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Da bambino mi portavano spesso ad Acqui Terme dai parenti. Si saliva in treno, si viaggiava di notte, la coincidenza era a Genova. Una mattina in stazione, Piazza Principe credo, appena sceso mi imbattei in un manifestone. Sfondo nero, dal buio emergeva un teschio rossastro, con sfumature violacee e blu. Erano i primi mesi del 1980, la scritta era Inferno, la paura per quell’immagine sepolcrale e sanguigna era paralizzante.

Ho amato il Dario Argento cromatico e visionario. Le musiche di Keith Emerson sono eccezionali, in particolare il main theme per piano e orchestra – certo non la superkitsch Mater Tenebrarum. La , come se la pellicola fosse un poema sinfonico scaturito dalla idée fixe, era oppiacea, maledetta, onirica.