Da ragazzetto, quando feci la folgorante scoperta di Abraxas, non immaginavo quante storie ci fossero dietro quel disco.
Una delle tante riguarda la lunga coda di Black Magic Woman, che a ben sentire è testa e corpo, pezzo pregiato e tour de force. Si intitolava Gypsy Queen, nei credits c’era scritto solo Gábor Szabó, risuonava semplicemente come un nome esotico, colpa anche della torrenziale fuente del ritmo dei Santana, descarga rock senza sosta che incatenava all’ascolto esclusivo, senza scampo.
Col tempo sono andato a ritroso nella storia di Gábor, leggendario chitarrista ungherese artefice di una discografia che merita uno studio attento. Se ne è finalmente occupato Stefano Orlando Puracchio, che essendo per metà magiaro ha colto l’occasione per esplorare anche le sue radici.
Sta per uscire il suo nuovo libro dedicato al jazzista dimenticato. Ho contribuito con un saggio sulle cover dei Beatles firmate Gábor, onorato di essere in compagnia di giganti del jazz come Lee Ritenour e Lino Patruno. Annunciato in anteprima su Jazzit, sarà presto in libreria con Demian Edizioni.