Piccoli rituali mattutini. Sono una cosa importante, non sottovalutela. Quando mi riferisco ai riti, non penso certo alle boriose liturgie cattoliche nè agli impettiti cerimoniali da assetti di potere. Rito non è ossessiva e meccanica ripetizione, tanto per fugare i timori di noia e angoscia che opprimono l’allegra borghesia sempre a caccia di novità. Quando penso al rito e lo pratico, rivivo un momento, lo celebro e ne colgo ogni volta il simmetrico convivere di vecchio e nuovo.
Un rito al quale tengo molto è quello del risveglio. Ogni mattina, in quel piccolo e preziosissimo interstizio tra il mio rallentato e appiccicoso riaprire gli occhi e il trionfale boato di energia della bestia, ehm della mia bambina, cerco di fare un paio di cose: saluto al sole, piccoli esercizi di allungamento, tour della casa per dare il mio personale buongiorno agli oggetti animati che ci allietano. Ad esempio i libri. Stamattina la luce del sole mi ha indicato direttamente un bel titolo che custodisco con piacere: Diario del Rolling Thunder di Sam Shepard, che dio lo abbia in gloria già da ora, perchè ho visto le ultime foto ed è ancora uno strafigo, e non sapevo che se la intende da un bel po’ con Jessica Lange.
Ancora nudo e inebriato dagli spumeggianti stiracchiamenti, mi sono tuffato tra le immagini di Bob Dylan con volto pittato di bianco e cappello fiorito, David Blue che si fa le canne e Joan Baez bella più che mai, ma una straordinaria foto mi ha colpito più di altre. Dylan e Allen Ginsberg che cantano sulla tomba di Kerouac. A me Dylan piace proprio, fossi donna – o fossi in Francia – lo sposerei (anche ora che è un vecchio babbione), però in quella foto Allen lo sovrasta. Ancora di più nella successiva, con i due circondati da bambini nei pressi di una scuola, e Allen sprofondato in un libro, gli ultimi pochi capelli sulla capoccia, ai lati due esplosioni zazzerute, un barbone da yogi di Benares e una dedizione alla lettura che mi ha commosso. Non potevo non rendergli omaggio.
Caro Allen, ovunque tu sia oggi ho pensato tanto a te. Sono uscito in fretta e furia a prendere i giornali e subito dopo ho voluto fare una cosa in tua memoria. Ho voluto spargere il tuo verbo in un luogo perfetto: un elegante caffè della Benevento borghese e per questo merdosa, altolocata e per questo putrida. Tra austere signore con la faccia lunga come le rughe sapientemente occultate, perdigiorno aristocratici nascosti tra quotidiani sportivi, donnine sculettanti di un metro e venti innalzate da zeppe mattonate e notabili del luogo con sorriso ed ebetitudine di circostanza, ho lanciato il tuo Urlo. Alla ricerca dell’antica connessione celeste alla dinamo stellare nelle meccaniche della notte. Proprio quella: the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night.