L’etichetta che contrassegna il mio involucro fu imposta.
Il cognome dalla legge, il nome da mio nonno, mosso da quei vincoli annosi annidati nel cervelletto ma che non per questo esimono da responsabilità.
Nominare è dominare. Porre è collocare, posizionare; com-porre è gesto nobile, attività d’amoroso confluire; im-porre è dominio. L’azione è conficcata, incisa, lascia segni.
Quando si acquisisce consapevolezza si procede per tappe di liberazione. Una di queste sono i regalini che è bene farsi. Non sempre, per non non abituarsi all’elargizione immotivata del benessere che è materia, dunque limitata e preziosa, come il tempo.
Mi piace donarmi beni speciali di tanto in tanto.
Una passeggiata a Napoli per perdermi. Un disco che non conosco e che mi piace avere tra le dita perché la musica va maneggiata. Lo yogurt prugna e cereali che pizzica la lingua. Il sole al pomeriggio, sulla schiena. La focaccia alta coi buchi inzuppati di olio. I giretti in rete, dai luoghi visti a caso su Google Maps alle passeggiate tra i Macchiaioli. E i librini.
Questa è la prima edizione italiana dei Dialoghi Confuciani, Lun Yü. Sansoni, Firenze, 1942.
Scovata da Dante & Descartes a Piazza del Gesù, giaceva in un mucchio di volumi che avrebbero meritato ben altro ordine e pulizia. Anche per l’antico motto virgiliano in esergo: Velorum pandimus alas.
Apriamo le ali delle vele. Buona Pasqua.