“Ero un lettore accanito, leggevo voracemente e poi rileggevo con più calma. Da quando ho cominciato a scrivere il tempo per la lettura è diminuito e la quotidianità – la casa, i cavalli – ha fatto il resto. Così, grosso modo dal primo lockdown, non leggo più. Ho accumulato colonne di libri – tra questi c’è anche il tuo…”
Non immaginavo potesse essere così bello. Un’ora e mezza al telefono con Giovanni Lindo Ferretti. L’ho percepito pieno di gioia, disponibile a raccontare senza riserve una parte del suo passato: non quella giovanile dalla montagna a Berlino, non quella fedele alla linea filosovietica emiliana, bensì quella di mezzo, bretone/senese/mongola. Sentirlo appassionarsi nel parlare di Sergio Quinzio, Marguerite Yourcenar e Simone Weil è stato un dono speciale.
Per antichi e rispettosi retaggi d’educazione non ho voluto abusare del tempo e della voglia di Giovanni, ma sarebbe andato avanti ancora per molto. “E’ raro che dopo un’ora e mezza di telefonata io sia ancora così divertito, prima degli accadimenti degli ultimi tempi non avrei risposto al telefono o avrei attaccato dopo un quarto d’ora di orecchio rosso. Ma tu sei nelle grazie di Francesco Aliberti, di conseguenza anche nelle mie”.
Il resto? Tra qualche mese in libreria.