Pensavo ai Rolling Stones. Lo so che a quest'ora della notte, in un albergo circondato dal silenzio nel bel mezzo della Valle del Sinni, un buon pater familias dovrebbe dormire, o perlomeno pensare ad altro. Ma il sottoscritto è un malefico pater rockofilus e capta sinapsi celestiali ad ogni latitudine, pronto ad ascoltare Aftermath da YouTube – siano benedetti i full album postati da ignoti benefattori rock per chi ha bisogno urgente di godimento senza supporto vinilico – a qualsiasi ora della notte. Tra l'altro qui nella camera accanto alla mia c'è un altro ignoto che russa come un trattore scoreggiante, è doveroso rispondergli con un fuoco di fila stonesiano.
Pensavo che oggi abbiamo fatto un bel preserale on air dagli amici di Radio Senise Centrale, altro grande godimento della giornata. Per continuare in tema di sacra paternità, da spietato pater radiofonicus non potevo non eccitarmi di fronte al microfono. Certo, mi mancavano le mie griffatissime cuffiette rosa shocking di Radio Città BN che fanno tanto glam e Jane's Addiction a go-go, ma ogni rocker di sani principi si sente a casa sua in qualsiasi antro radiofonico, in città o in provincia, sulle alte vette dell'etere o nei bassifondi più putridi dell'FM. Se poi ci sono gli Stones siamo nell'optimum dell'optimum: Nicola Melfi – Lucania Rockers United Undisputed Chief – ha sparato un'inattesa Paint It Black, inoculandomela come un batterio che solo ora, con un elettrizzante e balsamico ascolto notturno, riesco a debellare. Omeopatia uber alles.
Pensavo allo scorso novembre, quando venni per la prima volta a Senise. Anche allora i diavoli elettrici mi fendevano la strada, sprizzando scintille di fuoco su ogni cellula delle mille miglia battute a suon di L.A. Woman. A questo giro il disco è stato immaginario: niente radio, niente cuffiette, solo un pezzo che mi ronzava in testa da ieri sera e che stamattina, girata la chiave e messa in moto la zoppomobile, è tornato ad acciuccarmi. Il re del circo: un pezzo del Museo Rosenbach. Niente di stradaiolo, progressive rock is not sleazy nor sludgy nor rolling thunderous but I like it. Tra l'altro un disco minore, neanche Zarathustra: era Exit, pubblicato nel 2000, alquanto snobbato tra i prog lovers radicali che subivano quel pop-rock di classe, costellato di melodie iniziatiche e simboli disseminati nel profondo, come fumo negli occhi.
Pensavo a quanto Il re del circo profumi di partenza. A quanto ogni partenza profumi di arrivo. A quanto ogni arrivo profumi di ripartenza. E così via, nei secolo dei secoli. Fino a quando non ti fermi alla prima stazione di servizio in search of gasoline, e trovi qualcosa che profuma di casa. Rock on the highway my babe.