Oggi ho compiuto 47 anni.
L’età anagrafica è come la vita, impermanente e transitoria, quindi poco rilevante. A volte ci gioco, ad esempio quando faccio il saggio con i giovincelli o quando mi mostro fresco e tosto con gli amici fratelli maggiori. Bilancia ascendente leone, il meglio che si possa trovare sul mercato zodiacale.
Per l’occasione, per questo anniversario della mia carta d’identità, ho fatto un piccolo esperimento. Pochi intimi eletti conoscono la mia data di nascita. Non amo molto il circolo rumoroso degli auguri, le candeline e cose del genere. Meglio l’ombra del backstage dove si osserva tutto senza essere visti. Però ho provato a renderla pubblica su Facebook, ricevendo centinaia di auguri. Inutile negarlo: è un abbraccio virtuale dal quale arriva un bel calore.
Nel tempo, celando questa data e facendo finta di ignorare gli auguri di chi la ricorda, mi sono sfuggite delle ricorrenze importanti. Una di queste è il compleanno di Caravanserai, 11 ottobre 1972. La vetta musicale e spirituale di Santana. È un album che ho ascoltato, studiato, assorbito e amato. È uno di quei testi base che hanno contribuito alla mia formazione da ragazzetto ma che hanno anche determinato la fuga dai festeggiamenti per vivere un po’ nascosto.
Questi ultimi sono stati anni di scossoni, alcuni cercati e attutiti, altri imprevisti e dolorosi. Da qualche mese è cominciato un altro percorso. Incipit Vita Nova, diceva il sommo. Quando si intraprende una nuova vita si attinge a nuove energie, tanto da provare a dare un altro senso al compleanno. Oggi ho riascoltato Caravanserai, sonnecchiando. È stato un bel regalo, insieme agli auguri della mia metà, delle mie cucciole, di una marea di amici e amiche invisibili che ringrazio, pensando ai grilli che aprono il disco in un misterioso mattino del deserto.