Ogni volta che ascolto i Pelican Milk mi girano le palle. Il gruppo di Alex Savelli è uno dei tanti casi di band realmente indipendente, ma che proprio per questo non ottiene copertine di favore su XL… In Italia per essere davvero indie devi non esserlo. Ma queste riflessioni lasciano il tempo che trovano per i Pelican Milk, che preservano la loro indipendenza e proteggono la loro integrità artistica cercando sempre nuove idee, soluzioni sorprendenti, sviluppi inattesi.

Per trovarli è bastata una casa. Una casa nel bosco, dove risiede l’ispirazione incontaminata, dove un progetto musicale può diventare qualcosa di magico e speciale: una scintilla di estro e libertà, un carpe diem catturato da uno studio mobile. Savelli ha scoperto il fascino misterioso e stimolante della Casa degli artisti alla Gola del Furlo e qui ha pensato di ambientare il nuovo album dei PM, puntando all’improvvisazione, alla composizione estemporanea, alla libertà d’azione.

Elemento fondamentale per questa iniziativa è il batterista Massimo Manzi, uno dei più affermati esponenti del jazz italiano, coinvolto nelle sedute e a dir poco prezioso nel rilanciare entusiasmo e idee. Il risultato è tutto nelle 14 “visioni” che compongono il disco: un lavoro di free-rock registrato in un paio di giorni, che parte dai ProjeKcts crimsoniani e arriva alle pulsioni in stile Djam Karet, coinvolgendo tratti acustici, percorsi di jazz elettrico, spunti floydiani e vibranti raptus rock-blues.

Crepuscolare ma sostanzioso, lieve ma incisivo quando serve, l’art-rock sofisticato di “La casa degli artisti” ribadisce, se ce ne fosse ancora bisogno, questa continua ricerca verso l’inaspettato.

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D.Z.