Il terzo album è un passaggio delicatissimo nella storia di un gruppo, soprattutto nel filone progressive, che ha codificato anche un certo susseguirsi discografico. Se il disco d’esordio sprigiona senza limiti tutto il potenziale compositivo e il seguente approfondisce quanto presentato nel debutto, il terzo è l’occasione importante per ribadire una direzione o per intraprenderne una nuova in libertà: è quanto si saranno chiesti i Pandora all’indomani del secondo lp, accolto da un bel successo nel panorama del nuovo prog europeo.
Dopo “Dramma di un poeta ubriaco”, che presentò la band piemontese all’attenzione del pubblico più legato alle dinamiche “classiche” del rock sinfonico all’italiana, dopo il sequel “Sempre e ovunque oltre il sogno”, che confermava la qualità del trio, “Alibi filosofico” punta alla grandiosità. Non è tanto per la presenza degli special guest (David Jackson, Arjen Lucassen, Dino Fiore, etc.), quanto per la sicurezza e la tenacia messe in campo, che “Alibi Filosofico” spicca subito come il lavoro più ambizioso dei Pandora. Già dalla copertina e dalla grafica si viene immersi in un mondo immaginario, tra favole, idealismo e inconfondibile epica progressive: pezzi “monstre” come “Il necromante, Khurastos e la prossima vittima”, “Apollo” (tra i brani più interessanti, complice la ricerca sonora via Jackson e soundbeam), “Nè titolo nè parole” e la title-track sono la prosecuzione di quanto lanciato nei dischi precedenti, mini-suite intrise di prog-rock magniloquente e sontuoso, con spinte heavy, accelerazioni ancora più marcate, break acustici e caroselli strumentali.
Ancora una volta Claudio Colombo si fa notare: principale autore, batterista e polistrumentista (ad es. sono sue le chitarre, spesso molto presenti), oltre ad essere il vero artefice dell’opera è anche una delle figure più interessanti dell’attuale prog nostrano. Purtroppo come spesso accade, soprattutto quando il gruppo è una compatta entità a sè stante, priva di figure esterne che seguano la direzione artistica, qualcosa sfugge di mano. “Alibi Filosofico” ha il difetto comune a tanti dischi simili, ovvero il prendersi un po’ troppo sul serio: vizio antico che ha contribuito a sancire la decadenza del prog-rock, e che talvolta devia l’attenzione da elementi che avrebbero meritato una messa a fuoco (nel caso della band, le deboli parti vocali).
“Alibi Filosofico” è un disco che farà parlare di sè: gli amanti dei Pandora lo troveranno la vetta della band, altri preferiranno il prezioso equilibrio del disco precedente. In ogni caso è un tassello importante che completa il percorso intrapreso da questa tenace formazione.
D.Z.