La storia del progressive ci insegna, fin dalla sua nascita, che tale genere è un insieme di particelle. Talvolta alcune sono più ingombranti, grossolane e fuse con minor raffinatezza: è il caso del prog metal, frutto di un accostamento tra generi che solo con i padri fondatori ha avuto una sintesi perfetta. Il nuovo disco degli Osada Vida già dal titolo richiama quelle particelle genetiche che hanno dato origine al movimento, ma punta a valorizzare una componente melodica inserita giusto al centro tra la cultura e il suono metal e la struttura e la concezione progressive.
La band polacca arriva al quarto disco rinnovata: nuovo cantante (Marek Majewski degli Acute Mind) ma soprattutto nuove idee, che rendono “Particles” un lavoro di prog metal dinamico e convincente. Mirando a una credibile sintesi tra Pain Of Salvation e Yes (con alle spalle numi tutelari quali Dixie Dregs e ovviamente Dream Theater), i polacchi sfoderano un lavoro luminoso e positivo, lontano dalle frequenti atmosfere cupe e inquietanti del genere. “Hard-Boiled Wonderland” è una opener di tutto rispetto, tra i migliori esempi di prog-metal di ultima generazione: riffing spinto e incalzante, solismo fluido in una dimensione collettiva mai prolissa, echi class metal accattivanti. Peccato che il disco non sia tutto a questi livelli e che i testi – di un’ingenuità adolescenziale: vedi “Fear” – siano poco meditati. La cover fusion di “Master of puppets” aggiunge poco, molto più interessanti i diversivi hard rock di “Stronger”, il piglio radiofonico (ma pieno di finezze) alla Queensryche di “Different world” e “Mighty world”, il taglio floydiano di “David’s Wasp”.
Un piacevole album di prog metal comunicativo, legato a melodie all’americana: la band non farà impazzire i puristi ma nel suo genere risulta molto preparata.
D.z.