Mi ero occupato degli Oneira con curiosità ai tempi di “Natural Prestige”: nonostante le ingenuità tipiche di ogni debutto, la formazione del polistrumentista Filippos Gougomis si collocava in un filone poco battuto in Italia, a cavallo tra prog-rock, hard pomposo e AOR patinato, sulla scia di quegli Everon così influenti per la band. A distanza di quattro anni, il trio torna con “Hyperconscious”, che raccoglie quanto seminato e prova qualche diversivo.
Scelta concept abbastanza canonica, un viaggio allegorico negli spazi interiori secondo la parabola di ascesa, decadenza e redenzione tipica dell’opera rock, da Tommy a The Wall passando per Ziggy Stardust. Confermata la presenza di Oliver Phillips degli Everon come co-produttore e ospite, “Hyperconscious” vede anche l’arrivo di Danilo Saccottelli, batterista che sposta l’asse su territori ritmicamente più articolati. Se “Closer” e “Summer Light” si abbeverano direttamente alla fonte dei Rush anni ’80 – e di epigoni come Tiles e Enchant – “Forget Me” colpisce per la sequenza di umori e atmosfere, dalla ballata al prog tirato, “Mater” invece è un azzeccato esempio di raffinatezza art-rock. Sul lato più hard, ai confini col prog metal ma senza esagerare, “Puzzle” e “Face in the darkness” spiccano per l’andatura baldanzosa, le melodie ariose e le sfuriate heavy.
Gli Oneira trovano la loro forza nella mancata adesione esplicita a certi canoni prog-rock, anche se la cifra stilistica stenta ancora ad emergere: un disco ben concepito, tirato a lucido quanto basta per differenziarsi dall’orientamento prog più gettonato nel panorama nostrano. Attendiamo un ulteriore sforzo di personalizzazione.
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