Tempo, volontà, consapevolezza. Provate a tracciare le differenze tra le pratiche iniziatiche tradizionali e il folleggiante mondo della psichedelia giovanile dagli anni ’60 ad oggi, e troverete nelle tre paroline iniziali una possibile chiave di lettura. L’esoterismo ci insegna che per giungere ad altri stati di coscienza, per saggiare nuovi livelli dell’essere, è necessario un lungo, complesso e accidentato percorso, riservato a pochi e meritevoli, con occhi nuovi e disponibilità esperienziali messe alla prova. La sfavillante epopea psichedelica arriva agli stessi risultati con il volo magico dell’acido, con lo strumento lisergico che guida accelerando il grande drop out: René Guenon sarebbe inorridito, ma la disinvolta politica gnostica di Timothy Leary ha sintetizzato bene la tensione di una generazione, quella del “we want the world and we want it now”, vogliosa di conoscenza e liberazione ora, tutta, subito. Matteo Guarnaccia ha saputo muoversi egregiamente a metà del guado, raccontando con ironia, con vena dissacrante e iconoclasta e con l’ausilio della sua visionaria arte grafica, i rapporti tra questi due fenomeni, così vicini e complementari ma così lontani negli strumenti.
“Sciamani. Istruzioni per l’uso” (Shake Edizioni) è probabilmente il suo testo più completo nell’immaginare un percorso comune e unitario – non più parallelo – tra lo studio tradizionale e i grandi manifesti psichedelici, tra Mircea Eliade e Jack Kerouac, tra Elemire Zolla e Re Nudo. Stavolta si va indietro, più lontano dei festival giovanili degli anni ’70, ancora più lontano delle mode underground che infiammarono l’Europa nel dopoguerra: Guarnaccia si avvicina alle riflessioni del suo “Almanacco della pace” o dello stesso “Neopaganesimo” e soprattutto ai protagonisti sotterranei dell’antica relazione tra cielo e terra, esserei cosmici che sfidano la forza di gravità, dialogano con gli spiriti e parlano con le voci del mondo da provetti psicoaviatori. Gli sciamani.
Usando una chiave “pop”, che va dalle istruzioni per l’uso del titolo alla deliziosa “hit parade sciamanica” (che comprende brani, film, luoghi, strumenti e modalità di reclutamento), Guarnaccia rende piacevole e immediata la lettura, avvalendosi ovviamente della sua inconfondibile traccia visiva (con tanto di illustrazioni e gallerie sciamaniche in cui tuffarsi senza rete). Ciò che più colpisce del testo è la disinvolta – ma non improvvisata nè priva di fondamenta – capacità di accostare ai vari Jodorowski e Castaneda personalità imprevedibili come Picasso e Artaud, Claudio Rocchi e Wile Coyote, leggendo lo sciamano non più come una figura isolata ed elitaria, ma come figura speciale in mezzo agli uomini, come chiunque di noi – novello Bagatto – sappia volare ubriaco di altitudini. Soffiando amore supremo, nascendo e rinascendo.
D.Z.