– Ma se il pubblico volesse Impressioni di Settembre?
– Non preoccuparti: non la chiederanno.
Franco Mussida fu battagliero quella sera.
Non belligerante – niente guerre interiori, procedeva in pace – ma pugnace. Lo ricordo voglioso di sfidare e battere l’effetto nostalgia per accompagnare chi lo ascoltava nelle zone d’ombra del pianeta della musica.
A fine serata, dinanzi a un pubblico dapprima perplesso poi avvinto dall’irruenza comunicativa, urgente e pressante, Franco ci abbracciò tutti. Uno ad uno. Alcuni di noi persino con forza.
Credo abbia voluto tentare una connessione psichica. Credo abbia desiderato profondamente la rottura di quella forma di dipendenza che si instaura spesso tra pubblico e artista, in particolare con i giganti del rock dell’epoca d’oro.
Ho sempre letto con curiosità i suoi scritti all’indomani dell’uscita dalla PFM.
A volte verbosi, altre volte criptati, protetti da codici di cui bisogna essere altamente meritevoli, i libri di Mussida sottolineano il dialogo tra le arti, ma soprattutto scendono nel profondo. Pause, silenzi, intervalli, risonanze, visioni lontane: l’oro del suono.
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