It's only rock 'n' roll, diceva qualcuno. Sono solo 'storie di rock', avrebbe detto qualcun altro. Vero fino a un certo punto. Che il rock – e più in generale la popular music – non sia materiale di serie B da maneggiare con le sopracciglia alzate, che non si tratti solo di storie ma di composizione, studio, perizia, coraggio, sono ormai in tanti a sostenerlo con studi sempre più approfonditi. Innocenzo Alfano è uno di questi. Mentre l'editoria musicale italiana si caratterizza per alcuni consolidati filoni (ad es. biografie, commentari ai testi, analisi di singoli dischi), Alfano prosegue nella sua ricerca nella storia del rock. Anzi: nelle storie di rock, protagoniste del suo ultimo saggio, quarto contributo nella sua attività di saggista.
Animato da un sano risentimento verso il giornalismo e la letteratura rock fermi all'aneddotica e alle classifiche, Alfano dal 2004 si è soffermato con attenzione, dedizione e competenza ad analizzare alcuni aspetti storici del rock evitando gossip e banalità varie. Trattando vari segmenti dell'esperienza progressive, della vicenda hendrixiana e di altri momenti ascrivibili alla vaga etichetta “classic rock”, lo scrittore cosentino ha puntualizzato la necessità di parlare di musica con cognizione di causa. Storie di rock è la conferma di questo approccio “scientifico” – com'è giusto che sia di fronte a una materia che ha anche superato il mezzo secolo di storia – con qualche novità.
Alfano si concentra su quattro macro-aree, provando a tirare le fila di discorsi che spesso la letteratura rock lascia volutamente in sospeso e in superficie. Il rock e il blues tra Inghilterra e USA a cavallo tra i due decenni d'oro, il progressive italiano intorno alla PFM, l'irripetibile atmosfera dell'acid rock di San Francisco e una “collection of curiosities” ricca di spigolature e riflessioni. Alfano è scrittore competente e voglioso di scendere nei dettagli: sia che tratti di Allman Brothers e Family, del romanzo di Mauro Pagani, delle avventure mai troppo celebrate di Quicksilver e Cold Blood o del ping pong di plagi intorno a Bombay Calling/Child In Time, il plot è piacevole e ben organizzato.
Unico neo, una certa prolissità: l'approccio di Alfano è responsabile e accurato, il desiderio di raccontare un evento sonoro partendo ab ovo è degno di lode ma talvolta il risultato sconta una scrittura un po' “legnosa”, che meriterebbe invece maggior fluidità. Mi hanno favorevolmente colpito alcune prese di posizione: ad es. l'ampio spazio dedicato agli It's A Beautiful Day, formazione che va ben oltre la presenza pionieristica del violino e l'affaire plagio; la menzione di Terry Kath, compianto chitarrista dei Chicago sempre assente nelle classifiche di settore; il “ribaltone” su In concerto delle Orme, live-album solitamente considerato di pessima qualità.
Un lavoro pregevole che offre ancora una volta un diverso punto di vista, che getta nuovamente un'altra luce su alcuni aspetti del rock tralasciati o interpretati con vaghezza.
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D.Z.