Certo che da un disco con titolo “Folk Destroyers” ci si aspetta di tutto. O meglio, la solita zuppa danzereccia da festa della birra con divise popolari o tenute da neo barbari chiome volanti e cd in vendita alla mano. Invece I Treni all'Alba giocano a spiazzare. Conservando dal titolo del disco d'esordio una fresca e “iconoclasta” energia, provano a elaborare un rock acustico che sia raffinato e d'impatto al tempo stesso.
Se osserviamo il sound del nuovo album “2011 A.D.” dal versante progressive, troviamo collegamenti alle band storiche che hanno fatto della componente acustica un elemento importante, dalla PFM al Notturno Concertante passando per i Pierrot Lunaire. Ma ritenere i Treni una band prog tout court, per quanto eclettica, sarebbe un errore. Perchè il quartetto torinese osserva con attenzione anche i percorsi del post-core, soprattutto quello alla Mars Volta, ipotizzando un'area di libero scambio tra diverse anime musicali, arrivando fino a Rodrigo y Gabriela.
Questo secondo disco lo conferma, portando avanti una proposta intrigante, benchè viziata da alcune pecche che gravano sulla maggioranza delle formazioni strumentali, ovvero una prolissità e assenza di sintesi. Vizi che fortunatamente mancano nei momenti migliori, come “L'arte della guerra”, “L'apocalisse”, “Fino alla fine… del mondo” e “Il demone”, quelle che per vigore ed eleganza raffigurano meglio la fisionomia del quartetto.
Senza cadere nei tranelli del post-rock e usando le dinamiche con ragionevolezza, i Treni lasciano incontrare unplugged e vibrazioni elettriche: pezzi come “Attila” e la travolgente “Tempi moderni?” conferma la bontà dell'idea. Idea che però resta solitaria, poichè approfondita in lungo e in largo senza grosse variazioni: per il futuro suggeriamo ai ragazzi uno sforzo di varietà.
http://www.itreniallalba.com
D.z.