“Tutti coloro che amano, sono genii”. Il nuovo disco dei redivivi Gleemen non è geniale, ma è un lavoro pieno d’amore e dedizione, tanto che l’aforisma di Evtusenko usato a mo’ di esergo ne chiarisce lo spirito. Parlare di Gleemen significa tornare agli albori del nuovo rock italiano, in quel passaggio delicato e pieno di promesse a cavallo tra la fine del beat e gli inizi di qualcosa di nuovo. Facile liquidare la band genovese come l’embrione dei Garybaldi: i Gleemen partivano da un discorso rock-blues già nel 1965 – anno di fondazione per volontà di Bambi Fossati – e a questo tornano, come se nulla fosse successo in quasi mezzo secolo.
Angelo Cassinelli e Maurizio Traverso sono gli artefici del ritorno, accompagnati da Fossati e altri amici come Martin Grice e Marco Zoccheddu: “Oltre… lontano, lontano” non ha legami con l’esperienza progressive e consegna all’ascoltatore moderno una band impegnata con un blues elettrico, spesso rovente e squadrato. Quello caro a Robben Ford, Robert Cray e Jeff Healey per intenderci, aggiornato ma al tempo stesso coperto da una patina tutta retrò di nostalgia. “Anima di gomma” e “Solo amore” sono i manifesti del progetto: rock-blues ad alto voltaggio da un lato, una rock ballad corale in crescendo dall’altro. “La grande carovana” e “Stelle di vetro” puntano all’hard corale nella vulgata newtrollsiana, “Skizoid Blues” e “In una stanza” sono affare da furente power trio con Bambi Fossati in stato di grazia.
I riferimenti al disco del 1970 non mancano, a partire dal mostro in copertina, ma alcuni brani sono fin troppo legati a un linguaggio superato da anni (vedi la ballata “Il venditore di palloni”). Un lavoro piacevole e nulla più, destinato ai completisti.
D.Z.