Che personalità stimolante Edmondo Romano. A ben guardare rappresenta un pezzo di new prog italiano viste le sue partecipazioni negli album di Eris Pluvia, Finisterre, Hostsonaten, Ancient Veil, Avarta nei gloriosi anni ’90. Ma non solo: musicista di grande professionalità ed eclettismo, Romano ha guardato oltre e ha prestato la sua arte in diverse circostanze tra teatro e cinema, passando anche per la canzone d’autore (es. Max Manfredi e Vittorio De Scalzi).
Per il suo primo album solista, il fiatista genovese ha scelto un percorso spiazzante. Sarebbe stato facile creare una all-star band di ospiti, oppure organizzare un patchwork di suoni e influenze derivanti dalle precedenti collaborazioni, invece Romano ha assecondato la sua visione della musica, dell’arte e dell’uomo pensando fortemente a una sintesi. Proprio per questo “Sonno Eliso” cerca l’unità in un concept ispirato alla dualità, alla comunicazione tra mondi come quello maschile e femminile.
Per questo primo tassello della Trilogia dedicata all’incontro e alle consonanze, l’autore punta proprio alla connessione di diversi linguaggi, utilizzando la scrittura colta per fiati e il jazz, un’attitudine marcatamente minimal e quegli sviluppi world music tanto cari a Embryo e Popol Vuh oppure ai nostri Dissoi Logoi. Un ensemble con la presenza di strumentisti di eccellenza (basta citare Ares Tavolazzi e Mario Arcari) consente al nostro di uscire dal solismo autoindulgente: il segreto di “Sonno Eliso” – diviso in due parti per rievocare dualità di genere e corrispondenze – è proprio nella pregevolezza dell’insieme, nel taglio impressionista, nei dialoghi pulsanti e vorticosi o nelle sonorità più distese e meditative (che mai entrano nella monotonia new age).
Un album incantevole, profondo e leggiadro al tempo stesso, tra i migliori di questa annata.
D.Z.