Ringrazio quotidianamente di essere cresciuto immerso nella musica – non per trasmissioni familiari nè per meriti, ma per combinazioni del destino, o karma. Il grande insegnamento di questa arte è duplice: mi ha donato la disponibilità all’ascolto, che non coincide con l’udito perchè riguarda una dimensione multisensoriale, prossima all’empatia; mi ha permesso di scoprire quanto sia prezioso il dialogo tra le differenze.
La storia del rock è ricca di incroci del genere. E quando mi riferisco alle differenze che si incontrano e si fondono non penso al disegnino della pace con i bimbi di etnie diverse che si tengono per mano sull’arcobaleno. Penso a opere alchemiche, a faticose tappe di itinerari di mutazione. Vedi i CSI e in particolare Ko de mondo: un prezioso disco d’esordio nel quale figure così differenti come Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli, Giorgio Canali, Ginevra Di Marco, Alessandro Gerbi e Pino Gulli, sulla carta candidate al conflitto, in realtà hanno sciolto e potenziato le loro diversità in musica. Un esempio anche politico, in tempi di proposte artistiche impacchettate per sbalordire all’eurovision lasciando una sensazione di indistinto grigiore, di annacquamento delle personalità.
Nel nuovo libro con Aliberti ho sottolineato tanto – forse troppo ma è bene insistere su certi concetti – la potenza del fare musica insieme partendo dal nulla come percorso esperienziale creativo. Sono gratificato dal fatto che anche grandi media come Sky Arte stiano veicolando questa piccola grande occasione di scrittura.
Ci vedremo sabato 1 giugno a Casa Naima con Ernesto Razzano per raccontare questo disco e vicende affini.