Croce e delizia degli appassionati, il nuovo progressive sorto dalle ceneri di un’utopia e dalla seconda metà degli anni ’80, ha consegnato alla storia cumuli di derivazioni e prolissità ma anche tante ottime idee, molti dischi eccellenti, un pugno di band capaci di fare bella figura accanto ai giganti del genere. Pensiamo alle opere di Echolyn, Isildurs Bane, Garden Wall, Finisterre, French TV e altri paladini del capiente contenitore new prog che ha ospitato correnti e sottocorrenti, un oceano di sfaccettature e riferimenti diversi, dai Genesis ai Soft Machine.

In questo mare magno i Discipline hanno sempre manifestato un profilo serio, autorevole, accattivante: merito di una scrittura fedele ai principi del progressive storico ma disposta a un aggiornamento in linea con i tempi. “Push & profit” e “Unfolded like staircase” sono senza dubbio tra i lavori new prog più interessanti degli anni ’90 e prima di questo atteso ritorno il vocalist Matthew Parmenter, sorta di novello Hammill e Gabriel, ha pubblicato due intriganti album solisti.

“To shatter all accord” ci riconsegna i Discipline nella migliore forma, quella della line-up storica e di pezzi forti del repertorio live (già noti dai cultori come “When the walls are down”), allacciandosi al discorso lasciato in sospeso nel 1997. Struttura simile al secondo album (ovvero cinque lunghi brani) ma un piglio rock che arriva subito al dunque, a partire dal riff secco di “Circuitry” che recupera atmosfere dei tardi Gentle Giant e soprattutto la veemenza dei migliori Van Der Graaf (vera e propria bussola per il quartetto del Michigan), come testimonia anche il clima scuro e hammilliano di “When she dreams”.

Solennità ridotta al minimo e articolazioni nervose, poco spazio a sbrodolamenti vari e vibranti masse sonore, un saluto alle architetture tastieristiche in favore di un chitarrismo assai presente (vedi la penetrante “Dead city”), l’incontenibile enfasi interpretativa di Parmenter: tutto riporta alla speciale ispirazione di metà anni ’90 fino a “Rouge”, il lungo e multiforme brano che chiude l’opera. Il confronto con il capolavoro del 1997 vede “To shatter” uscire sconfitto ma il rock dei Discipline è sempre piacevole e stimolante.

http://www.strungoutrecords.com

D.Z.