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Tra il divertissement e il capriccio d’autore.

Ma se l’autore è un uomo di cultura rinascimentale, brillante e felicemente trasversale come Stefano Causa, allora ben venga lo sfizio. Soprattutto se riguarda le copertine dei dischi. Quelle visionarie porte d’ingresso verso mondi sonori, quadrati magici che alimentano il proprio immaginario tascabile, manufatti seriali che uno storico dell’arte moderna e contemporanea del suo calibro sa raccontare con un punto di vista altro rispetto al critico musicale o allo storico del rock.

Perchè il punto di partenza è questo: da quale osservatorio muoversi per affrontare il tema dell’arte grafica applicata alla discografia, e nello specifico l’artwork dei 33 giri? Nello specifico: come inquadrare le copertine dei dischi storici, pietre preziose dell’epoca d’oro del vinile? Se diamo uno sguardo alla letteratura in materia, vediamo che sono pochi i titoli italiani a riguardo. Mi vengono in mente i lavori di Paolo Mazzucchelli (es. I vestiti della musica), il corposo ma generalista Rock e Arte di Leonardo Follieri, Cover Story di Roberto Angelino (dedicato solo all’Italia) e poco altro. Il minimo comun denominatore è l’ambiente degli autori, collezionisti e giornalisti musicali. Forse il testo al quale più si avvicina quello di Causa è Visione di suoni di Luca Beatrice, noto critico d’arte. Ma in Dischi da correre c’è qualcosa in più: l’estro che lo allontana da un chirurgico saggio analitico, la competenza del professore che motiva anche con spirito caustico, la raffinatezza responsabile dell’uomo di cultura che evita il coffee table book per coniugare vicenda personale e inquadramento storico-discografico.

Un modo diverso per parlare di copertine degli album, dalla storica ripartenza della foto stretched di Rubber Soul allo spirito dei tempi nuovi di Night And Day di Joe Jackson, dalla celeberrima icona bowieiana di Heroes al canto del cigno della pop art dei Cars di Heartbeat City. Il tutto presentato con il filo conduttore del superamento delle distinzioni tra cultura alta e bassa, tra immagine di serie a e b: simbolo di un’epoca aurea, secondo Causa la copertina non è confinata alla nostalgia dei cultori ma è il fulcro di una ritualità che, se riscoperta, avrebbe anche il sapore di gesto politico.

Donato Zoppo

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