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The Rhythm Method (diary): 26 novembre

La presenza sfida l’immaginazione. L’animale bracca il centro di gravità permanente. Altre vie, quarte vie. Ci si irrobustisce col nutrimento, anche quello leggero, impalpabile, di una foglia arrossita, planata sul finestrino. Ci si edifica con antichi ascolti, nuove visioni, riletture fondanti. Secondo leggi di affinità assimiliamo gli alimenti alla sostanza

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The Rhythm Method (diary): 23 novembre

Il nuovo Adelphi di Ettore Sottsass si intitola Di chi sono le case vuote?. Mark Hollis preferiva una nota a due, e il silenzio a una nota. Il nuovo Innerspace Remix degli Oslo Tapes è un trance rock da autobahn infinita. Una signora inviò una letterina a Jung, desiderava incontrarlo.

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The Rhythm Method (diary): 22 novembre

Spugnosi. Ci nutriamo di suoni, parole, segni, simboli. Rimettiamo in circolo, metabolismo emozionale. Reciproco sostentamento del tutto, diceva quel greco-armeno. Napoli porosa, muri parlanti e angoli umidi di storie. La scrittura di GL Ferretti, rugosa di pietra e crepitante di legna. La linearità geometrica di Simenon, fitta sovrapposizione di vite

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The Rhythm Method (diary): 20 novembre

Elastica. Così mi piace definire la musica degli Area. Ci pensavo ieri al concerto di Frank Bramato, Luigi Botrugno e Gianluca Milanese. Non c’erano brani degli Area, giusto qualche sensazione, ma l’eredità di Demetrio Stratos aleggiava nel modo giusto. Mentre osservavo rapito le diapositive alle loro spalle (opera di Massimo

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The Rhythm Method (diary): 19 novembre

Se è vero che lo spazio politico è quello della menzogna per eccellenza – lo diceva Derrida quindi credo che siano lontane tentazioni populiste/demagogiche – è altrettanto vero che nel profondo del privato ci diciamo tante bugie. Alcune sono reiterate, talmente stratificate nella loro sovrapposizione da diventare una non verità

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The Rhythm Method (diary): 18 novembre

Ieri sera un ascoltatore mi ha chiesto come faccio a leggere tutti questi libri contemporaneamente. Non so dare una risposta se non, ex abrupto, che l’ho sempre fatto. Ma è una non risposta. Scavando nel cascione delle memorie emerge un po’ di materia. Intanto all’avverbio contemporaneamente preferisco contestualmente: nel secondo

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The Rhythm Method (diary): 13 novembre

Il saggio dice che bisogna bere il proprio tè lentamente, con riverenza, come se fosse l’asse intorno al quale ruota la terra. Il saggio però non sa – anzi lo sa bene, per questo è saggio – che ci sono cose che fanno irrimediabilmente capitolare. Una di queste è la

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The Rhythm Method (diary): 11 novembre

Mi piace il concetto junghiano dell’autunno quale tempo di Afrodite, che rimescola i semi e “li congiunge alle cause del divenire”. Quando si ha il proprio ufficio anche in treno, allora i semi fanno compagnia. Omeomerie tascabili in carta e inchiostri, in omaggio a un tale – lo sottolinea anche

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The Rhythm Method (diary): 10 novembre

Quando cominciai a fare radio avevo una rubrica dedicata alla storia del rock, dagli anni ’50 alla fine dei ’70. Una volta suonati i classici immancabili mi divertiva setacciare brani ignoti ai più, chicche di gruppi operanti alla periferia dell’impero angloamericano, dalla Turchia al blocco sovietico. All’epoca c’era un fan

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The Rhythm Method (diary): 7 novembre

Gurdjieff e Jung si dicevano cose belle a distanza di tempo e spazio, anche senza saperlo – forse. Quando la nonna del primo era in punto di morte, lo salutò invitandolo a non fare quello che fanno gli altri. Il secondo introdusse l’immagine dell’eroe partendo dal lato scimmiesco e imitativo

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