“Cletalandia” fungono da manifesto programmatico: una sarabanda di temi, sviluppi e collage vocali con un'accortezza speciale sull'elemento ritmico, che come da manuale sfrutta marimba, vibes e un piano elettrico virato spesso in funzione percussiva. Quello che però distingue la band di Santa Fe dai numerosi imitatori zappiani è l'ampiezza del discorso: elementi di derivazione RIO cari anche a Robin Taylor (“El dengue de lalaguna” e “Variaciones sobra tu hermana”) e riferimenti latino-americani (la rielaborazione della tradizionale “Tillana”) convivono in un debutto che ha già una buona idea di fondo e una direzione segnata.
Aspettiamo i Cucamonga al secondo album, invitandoli ad investire non solo sulla competenza e la bravura esecutiva ma anche (se non soprattutto…) sulla personalizzazione.
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D.Z.