Skank Bloc Records pubblica il nuovo lavoro del compositore italiano residente in USA. Brani propri e anomale cover di Lucio Battisti, Enzo Carella, Flavio Giurato, Donovan e Syd Barrett, con la complicità di Pasquale Panella
LUCIANO CHESSA
Canti felice
Skank Bloc Records 2018
(distr. Spotify, BandCamp, Deezer etc.)
12 brani, 38.03 minuti
Bandcamp:
https://skankblocrecords.bandcamp.com/album/sb20-canti-felice
“Alla fine degli anni ’90 smisi di scrivere canzoni perché da una parte mi sembrava avesse poco senso esprimermi in italiano davanti ad un pubblico anglosassone, e dall’altra constatai in prima persona che in Italia i pochi produttori interessati al tipo di musica che io scrivevo non avrebbero potuto pubblicare miei lavori senza un impegno da parte mia a promuovere le uscite discografiche con esibizioni dal vivo. Si sarebbe trattato di un suicidio editoriale.
Dopo una collaborazione con Vinicio Capossela durante il suo tour in California nel 2009, mi resi conto che cantare in italiano davanti ad un pubblico straniero non sembrava fosse un così grande ostacolo, soprattutto quando introduzioni in inglese ai brani ben fatte offrivano al pubblico quel minimo di contesto utile per seguire il concerto ed emozionarsi. Scrivere canzoni mi stava maledettamente mancando e Lapo Boschi di Skank Bloc Records è stato il principale artefice: è stato lui, tentatore, a riattizzare quel desiderio mai sopito. “Fu come soffiare sul fuoco”, e il fuoco si è riacceso”.
Parte da lontano, il rapporto con la canzone italiana di Luciano Chessa. Una canzone minimale, scarna, scheletrica, ancora più sorprendente se pensiamo che proviene da un compositore italiano che dialoga con l’estero e che nel corso degli ultimi anni si è espresso – con apprezzamenti raccolti in tutto il mondo da importanti critici e grossi musicisti – nel campo della musica colta contemporanea. Eppure il nuovo album – anzi cassetta, si tratta pur sempre dell’originale Skank Bloc, devota al nastro, altro che dischetti e vinili – Canti felice proviene da un percorso mai interrotto, da frammenti e idee risalenti alla fine degli anni ’90 e ripresi con intatta magia, come ricorda Chessa: “Mi ha molto sorpreso il fatto che ho ripreso esattamente dal punto in cui avevo interrotto il lavoro in quaderni: riaprirli mi riportava d’incanto al 30 agosto 1998, data in cui abbandonai il campo e partii per la California per iniziare il dottorato. Una sorta di Pompei dell’anima in cui tutti i miei sentimenti erano rimasti fissati in quella data e perfettamente cristallizzati: insetti nell’ambra. Eppure in questo processo di completamento non sento affatto uno iato”.
Canti felice è una musicassetta. Lato A e lato B, senza possibilità di sbagliarsi. All’insegna di una sorta di “autarchia compositiva ed esecutiva” e di un blocco sonoro creato da voce, chitarre ed elettronica (ottenuta con il sintetizzatore Aardvark a differenza del violoncello rumorista dei precedenti lavori) inciso su un registratore 4 piste anni ’90, Canti felice contiene canzoni in italiano che aprono uno spiraglio sorprendente sul mondo interiore di Chessa, sui suoi ascolti, il suo cammino, il suo universo musicale e letterario nel quale convivono Dalla e D’Annunzio, il Battisti dell’era Panella e Carducci. La prima facciata, composta da brani i cui elementi originari risalgono ai famosi quaderni pre-californiani, contiene ad esempio pezzi come Certe volte, legato a una delle figure più enigmatiche della cultura popolare italiana, Pasquale Panella: “Ho musicato D’Annunzio e l’amato Carducci, ma un poeta vivente non l’avevo ancora musicato: e così l’ho fatto con Certe volte di Panella, testo che lui ha scritto per me ed è a me scherzosamente diretto, ad iniziare dal riferimento alla città in cui ho lavorato per vent’anni, San Francisco. In un concerto luganese avevo deciso di rifare Vocazione di Enzo Carella, così scrissi a Panella per avere lumi su alcuni termini, lui mi rispose con una missiva alquanto dettagliata in cui non solo mi sciolse gli enigmi, ma mi analizzò l’intero testo. Al mio ringraziamento, seguì questa risposta: «Si figuri: canti felice» (con Pasquale ci diamo del lei, cosa che trovo deliziosamente inattuale). E così nell’immaginare un titolo appropriato per queste 12 canzoni – di cui tre su testi di Panella – lo scanzonato, sfacciato candore di quel congiuntivo esortativo panelliano mi è parso perfetto”.
I cinque brani della facciata B? Classici/anti classici come Il tuffatore (Flavio Giurato), Tra il canneto e il fiume (traduzione di Lord Of The Reedy River di Donovan Leitch), Gabbianone (Battisti-Panella, il famoso inedito), Opel (Syd Barrett) e Vocazione (Enzo Carella). Al di là della figura ricorrente di Panella, autore del testo di Certe volte ma anche di Gabbianone e Vocazione, il filo conduttore di Canti felice è una sorta di dialogo interno al materiale, valorizzato anche dallo spirito “artigianale” che ha spinto Chessa a cimentarsi con la canzone lo-fi. A differenza di Petrolio, prodotto interamente nei Fantasy Studios di Berkeley, lo studio dei Creedence Clearwater Revival, Chessa è tornato al passato anche nei luoghi e nei metodi di registrazione, con una scommessa che funge da “concept” dell’intera operazione. Dichiara l’autore: “La scommessa era questa: registrare Canti felice utilizzando lo stesso identico setup che negli anni ’90 usai per registrare il mio primo disco, Humus: stesso registratore 4 piste a cassetta (riparato per l’occasione), stessa chitarra, stesso microfono. È facile nascondersi dietro effetti e produzioni. Ora come allora ho pensato: se questi brani valgono qualcosa, lo si potrà verificare soltanto se si azzerano i valori voluttuari di disturbo: solo questo potrà darci la misura di quanto si è effettivamente cresciuti. Ora come allora quindi, il fruscìo del nastro, la fragilità della voce, l’imprecisione delle esecuzioni non sono semplicemente una “feature”: diventano bandiera”.
Chitarre, Voci, Sonomatics Aardvark Synthesizer, Sonagli: Luciano Chessa
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