Ricostruire la storia del new progressive in Italia non passa soltanto per vicende strettamente discografiche: ci sono formazioni che hanno vissuto per anni in una sorta di “limbo”, in attesa di tempi migliori, e in cattività hanno scritto, suonato, messo nel cassetto idee, spunti e materiale per interi dischi. Una delle band più rappresentative di tale movimento, i Quasar Lux Symphoniae, vengono proprio da una situazione del genere.
Nati nel 1976, i friulani si diedero subito da fare e incisero un primo album chiamato “The dead dream”. Il periodo storico non era favorevole per chi proponeva un linguaggio ormai superato e il trio – allora formato da Roberto Sgorlon, Umberto Del Negro e Fabrizio Morassutto – accantonò sogni di gloria anche perchè i nastri andarono persi. Nel 1995, quando il ritorno di fiamma del new prog alimentò speranze di band in tutto il mondo, i tre reincisero l’album che oggi finalmente vede la luce.
I QLS sono tornati in azione nel 2009 con “Synopsis”, proseguendo all’insegna di quel poderoso e altisonante rock sinfonico che li ha fatti amare. “The dead dream” invece guarda altrove, agli ultimi baglioni psichedelici dei Pink Floyd, al ficcante rock cosmico caro agli Eloy, a un concept ipnotico e dilatato che già dai campi lunghi dell’Overture ci immerge in uno scenario enigmatico. Qua e là i QLS animano il tutto in chiave hard (il riffone fragoroso di “Stranger shadow” è a dir poco anomalo per la band, “Instead of you” è mediocre) o acustica (“Look again”) ma senza grandi stravolgimenti.
L’album ha un ruolo importante come documento storico ma prevalgono i difetti: lento e pesante, dà la sensazione di non decollare mai e pensando alle complesse trame di album eccellenti come “Abraham”, la semplicità di quest’opera giovanile sembra provenire da un’altra band.
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D.Z.