Come Liverpool, San Francisco, Detroit e Seattle, Canterbury ha superato la sua condizione di luogo geografico per diventare “luogo dell’anima”, motore propulsivo di buona musica come una novella Agarthi. Lo dimostrano l’attività imperterrita di numerosi suoi rappresentanti storici – dalle incarnazioni dei Soft Machine ai vari ritorni di Kevin Ayers, Richard Sinclair o Phil Miller – e soprattutto la fedeltà di tante formazioni non britanniche. Una prova lampante sono i Moogg.
Il nome potrebbe rimandare a un immaginario elettronico e progressivo, il legame più marcato va ai NotaBene (uno dei più interessanti gruppi prog nostrani dal Duemila ad oggi) nei quali militava il bassista Gianluca Avanzati, oggi collega di tre ottimi musicisti come Marco Dolfini (batteria e voce), Ivan Vanoglio (chitarra) e Toni Gafforini, tastierista e principale firma del progetto. Dopo un demo ben accolto, i Moogg tornano con un full lenght nel quale compaiono cinque brani di quella prima esperienza: il passare del tempo ha arricchito la tempra e l’esperienza del quartetto, che mostra un profilo più deciso con una migliore messa a fuoco rispetto al 2007, come si evince da “Classe 21” e “Lunalia”.
Tra Soft Machine e Perigeo, In Cahoots e Agorà, Hatfield And the North e PFM, la band camuna prova a giocare con dinamiche e atmosfere cangianti, a combinare energia e classe, perizia del jazz e potenza rock. La voce continua ad essere il punto debole (l’attacco di “Il perchè di esser me” ne soffre) ma non pregiudica un amalgama così convincente, una scelta strumentale così graffiante. Si fanno notare soprattutto i tre nuovi brani, in primis la title-track; la posizione di Gafforini è centrale, si destreggia con gusto ed eleganza tra Rhodes e synth ma i sodali non sono meno preparati (vedi “Gli arroganti” e “Moogugni”).
Un gran bel disco, tra i più interessanti del nuovo progressive italiano negli ultimi anni.
D.Z.