Dalla sua nascita, il progressive è figlio dei gruppi. Delle “unità compositive ed esecutive collettive”, per citare Franco Fabbri, uno che le dinamiche interne e le pratiche musicali dei gruppi le conosce e le studia approfonditamente. Rispetto ai suoi padri nobili, il prog contemporaneo ha un po’ smarrito la dimensione del gruppo: le opportunità di manipolazione in studio e le rare occasioni di cimentarsi con il concerto producono dischi al pari di clonazioni, non più frutto di sinergie umane ma veri e propri puzzle. Una bella eccezione è offerta dal nuovo disco dell’Accordo dei Contrari.
Il quartetto bolognese, una delle creature più interessanti del nostro rock d’arte attuale, torna con un lavoro che ribadisce quanto sia preziosa la dimensione collettiva: recuperando brani esclusi da “Kublai” o rimasti allo stato larvale, l’Accordo entra in studio con l’intenzione di un live in presa diretta che possa dare uniformità e omogeneità a quei pezzi. L’Adc torna con Altrock a sette anni dal debutto “Kinesis” e non muta le sue coordinate stilistiche: rock-jazz ad alto voltaggio, che si esprime in brani complessi e spigolosi, intrisi di Canterbury style quanto basta per dare un’idea di eccentricità. Sei pezzi ricchi di dinamiche e turbolenze impreviste, con un sapore “mediterraneo” che non equivale a oleografia o riflesso da cartolina ma ad accessibilità melodica: ad es. la superba “Nadir” (probabilmente uno dei brani più rappresentativi dell’intera vicenda del gruppo), con articolazioni serrate che rievocano i migliori Arti & Mestieri, e “Dua”.
L’uso di strumenti vintage e l’assenza di overdubs rendono il sound pastoso e “fragrante”, inoltre la zampata rock è più accentuata dalla dimensione live, ferma restando l’abilità dei nostri nell’eseguire il tutto in modo impeccabile e compatto. Chi ha scoperto Marco Marzo Maracas con il vorticoso esperimento lisergico dei Pineda sarà stupito dal trovare un guitar-playing diverso, ancora una volta figlio degli anni ’70 per lo spirito e la verve (perfetto nella macchia davisiana di “Tiglath”) ma aggiornato e convincente nel suo contributo. Il riffone e la quadratura rock di “Dandelion” sono un buon esempio; dall’altra parte episodi da camera come “Seth Zeugma”, che guardano a certe tensioni alla Univers Zero.
Il risultato è eccellente, “ADC” un lavoro molto valido che potrebbe fungere anche da biglietto da visita per chi non ha ancora ascoltato nulla della band.
D.Z.