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Gli anni ’90 e la decade successiva non sono stati ancora storicizzati ma chi vorrà prendersi la briga di rileggere il new prog dell’ultimo ventennio potrà utilizzare i Logos come cartina di tornasole, come vicenda rappresentativa di speranze, tensioni e risultati di tanti musicisti neoprogressive. Attiva dal 1996, la band veronese nasce come cover band delle Orme – lo schieramento a terzetto favorisce l’omaggio ai celebri conterranei – e si evolve come tribute band a tutto tondo, ferma restando la voglia di intraprendere un proprio percorso compositivo. Quest’ultimo vede la luce con l’esordio “Logos” (1999) e l’immediato seguito “Asrava” (2001), entrambi autoprodotti.

“L’enigma della vita” ha tutto il sapore di un nuovo debutto: un decennio di silenzio, una nuova formazione (con l’ingresso determinante del secondo tastierista Claudio Antolini), un rinnovato concept e un contratto con Andromeda Relix proiettano i Logos verso la parte più interessante della propria storia. Anche in questo nuovo Lp i quattro manifestano il loro amore – orgoglioso, pieno di impeto e slanci – verso il prog storico anni ’70: la provenienza dall’ambiente tribute in qualche modo persiste nell’adesione al canone e nella presenza riconoscibile di precisi punti di riferimento. Come sempre accade nei debutti o nei comeback, il materiale è abbondante e finisce col disorientare: i Logos puntano a una scrittura omogenea, tale da far scorrere piacevolmente gli oltre 70 minuti di musica.

Il new prog dei Logos non teme il disinteresse o il distacco dell’ascoltatore, anzi: vive della stessa passione di chi lo ascolta imperterrito e per questo non si risparmia in lunghezza, in atmosfere, temi e sviluppi tipici dell’epoca d’oro. Lunghi brani come “Venivo da un lungo sonno”, “Alla fine dell’ultimo capitolo” e “In principio”, nel loro inseguire il sogno della fusione tra Genesis, Orme, Banco e Yes, tracciano un solco che sarà assai gradito dagli ascoltatori più nostalgici. Ciò non toglie che “L’enigma della vita” non sia un lavoro piacevole: i Logos riescono meglio quando c’è equilibrio tra la componente rock/floydiana e quella più ariosa e sinfonica (vedi “In fuga”), la voce di Luca Zerman è il punto debole (come accade per la stragrande maggioranza dei gruppi simili) ma brillanti episodi strumentali come “N.A.S.” sono un biglietto da visita di cui andare fieri.

Un ritorno più che dignitoso che farà gola a tutti i cultori del rock sinfonico all’italiana: nonostante i difetti, “L’enigma della vita” è un buon disco che cresce ascolto dopo ascolto e rivela una band preparata e ambiziosa.

www.logosprog.it

D.Z.