Nomen omen. Un tempo si chiamavano The Rebus, nome enigmatico che non palesava grosse adesioni stilistiche, ma se il cambio è con Il Fauno di Marmo, se il titolo del nuovo disco è “Canti, racconti e battaglie”, se in back cover compare Castel del Monte e l’etichetta è Andromeda Relix, è certo che siamo in casa del più classico prog-rock italiano anni ’70.
La cover di “Un villaggio, un’illusione” di Quella Vecchia Locanda chiarisce immediatamente la scelta di campo: prog all’italiana in tutto e per tutto, con quella fascinazione per Jethro Tull, Beggars Opera e Vanilla Fudge che nel nostro Paese smosse centinaia di gruppi quasi mezzo secolo fa. La formazione friulana debutta con un interessante lp che a ben guardare d’esordio non è, visto che come Rebus aveva una dozzina d’anni di esperienza alle spalle. E’ proprio la tenuta di gruppo la principale qualità del quintetto, che il flautista Luca Sterle guida spingendosi tra rock sinfonico e jam, sonorità epiche e punte hard.
Da un lato pezzi come “Madre natura” e “Nova res”, che capitanano la corrente più tulliana della track-list, con flauto, riff e dinamismo ritmico in bella vista; dall’altra momenti più articolati e solenni come “Benvenuti al circo”, “Dorian Gray” (con un visionario Seravalle dei Garden Wall) e “Hop Frog”, che collegano il Fauno alla tradizione sinfonico/romantica di PFM, Banco e Orme. Hammond e flauto traverso in prima fila alla ricerca di un sound “autentico”, nel quale persino le imperfezioni della voce e alcuni brani fin troppo ingenui hanno ragion d’essere, donando una patina demodè che piacerà molto ai cultori d’oltreoceano.
Insieme a Ingranaggi della Valle, Camelias Garden, FEM e Marchesi Scamorza un’altra piacevole new entry nel prog nostrano.