Nato in Israele e trapiantato a New York, Gadi Caplan è cresciuto studiando pianoforte, si è innamorato della chitarra rock e blues, ha studiato il sitar e la musica indiana, poi jazz e fusion a Berklee mentre ascoltava Pink Floyd e Frank Zappa. Un emblema di eclettismo, come testimonia il suo nuovo album che già dal titolo – “Look back, step forward” – allude a una formula fondata sull’amore per la tradizione e il dovere dell’evoluzione.

Il giovane chitarrista ha messo in piedi una bella compagine transnazionale per questo secondo album, con il quale punta a definire il suo orizzonte musicale. Tanto per fare un esempio di alcuni ambienti toccati, l’ampia scrittura zappiana di “Hot Rats” anima “It’s all the same”, “Frostbite” recupera certe geometrie crimsoniane e “Tesha” chiude con un intenso crescendo guidato dal violinista Duncan Wickel. Non mancano oasi di raccoglimento acustico (“Charlotte”) ed esperimenti ethno-jazz (“Indian Summer”), mentre la visionaria “Within the clouds” – ipotetica fusione tra Harrison (“within you without you”) e i Gong (“Castle in the clouds”)… – è l’unica concessione agli standard rock.

Se volessimo rintracciare un minimo comune denominatore tra i pezzi, questo sarebbe sicuramente il nucleo jazz-rock, di volta in volta in volta aperto a imprevisti e diversivi. Un album interessante che lascia intravedere grossi margini di miglioramento, a patto che Caplan si scrolli di dosso alcuni riferimenti ingombranti e punti ad una maggiore sintesi.

www.gadicaplan.com

D.Z.