Una dozzina d’anni fa gli Astralia facevano la loro apparizione nel panorama progressive europeo con un album, pubblicato da Mellow Records, anomalo nel suo genere. La formazione padovana con il esordio “Connected” ipotizzava una fusione tra space rock e hard sound, senza sconfinare nel prog metal o nella psichedelia più informe. Dopo dieci anni di silenzio dovuti al rimaneggiamento della formazione, il fondatore Riccardo Loriggiola torna in pista con una nuova line-up e un secondo disco, edito da Ma.Ra.Cash.
“Osmosis” si aggancia al precedente lavoro e al modello degli ultimi Porcupine Tree (o dei Riverside e dei paladini del cosiddetto “alternative prog”): dunque una base floydiana (con frequenti richiami ai Genesis, voce compresa) su cui innestare sezioni chitarristiche piuttosto vigorose ma anche squarci elettronici o echi fusion. Se “Let me loose” mette in mostra la componente heavy – pur articolata e variabile, alla Fates Warning – “Glove box”, “Chatter box” e “After the hypnosis” sono il manifesto programmatico di un’opera che mira a offrire spunti interessanti sia ai cultori dell’heavy prog che agli amanti di sonorità moderne, ai seguaci dei Rush oppure dei nostri Moongarden, un modello al quale gli Astralia possono accostarsi.
“Osmosis” è un dischetto consigliato a chi cerca una via diversa al prog metal e a chi gradisce suoni più ruvidi senza smarrire l’impostazione progressive. Un bel ritorno, che sconta però l’assenza di una buona sintesi e di una personalità definita.
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D.z.