Conosciamo bene Vincenzo Incenzo. Artefice ispirato e raffinato di testi per Antonello Venditti e PFM, Renato Zero (autore della prefazione) e Michele Zarrillo, Sergio Endrigo e Lucio Dalla, nonché direttore artistico di Fonopoli. Con questo libro potremmo conoscerlo ancora meglio perché l’ultimo dei centouno viaggi annunciati nel titolo – porto di approdo finale ma al tempo stesso punto di ripartenza – è proprio la sua personale esperienza di autore. Incenzo non consegna le sue memorie a un racconto superficiale ma preferisce un approfondito excursus, approccio comune alla parte centrale del ricco testo: La canzone in cui viviamo è infatti un’osservazione a volo d’uccello sulla nostra canzone, a partire da Bella ciao per arrivare a Controcultura di Fabri Fibra, con un gioco di contrasti e paralleli sempre azzeccato ed esposto con cognizione di causa.
Volo d’uccello certamente, ma senza risparmiarsi nella fuga in picchiata perché l’autore, senza venir meno alle esigenze di un compendio di rapida consultazione, affronta anche disamine tecniche necessarie per comprendere la simbiosi tra note e parole, come accade ad esempio in E ti vengo a cercare di Battiato o in Ci vuole in fiore di Rodari ed Endrigo. Altro elemento a favore dell’operazione è la contestualizzazione del brano prescelto nel contesto storico anche passato e futuro: non a caso Incenzo cita i brani dalla vena simile (pensiamo alla guerra nella lolliana Morire di leva) e anche le cover, aspetto che però avrebbe meritato un ulteriore approfondimento.
Che la canzone – sia essa pop o d’autore – sia un elemento cruciale nella lettura della storia italiana dell’ultimo mezzo secolo è fuori discussione: nell’esegesi dei brani più rappresentativi di quella pasoliniana “festiva leggerezza dei semplici”, Incenzo coglie assonanze, nessi e collegamenti preziosi per ricostruire l’evoluzione (o involuzione?) del costume nostrano.
D.Z.