I Runaway Totem che non ti aspetti. Da qualche anno la longeva formazione trentina ha mostrato familiarità con un approccio da “working band”: un laboratorio alchemico di consonanze e suggestioni antiche, sempre più lontano dall’ossessivo impatto zeuhl del debutto di 20 anni fa, quel “Trimegisto” che contribuì a testa alta alla definizione del nuovo prog italiano. Oggi Runaway Totem è qualcosa di diverso e sempre più alieno, non solo rispetto alle dinamiche di ciò che resta dell’industria discografica ma anche in relazione agli argomenti trattati.
Moderna concept band per antonomasia, i RT si muovono per cicli tematici: con il trittico “Cicli Cosmici” e soprattutto con “4 elementi 5” si sono orientati ad un occulto sinfonismo moderno, che oggi scompare in favore di qualcosa di più luminoso. “Affreschi e meditazione” è la porta aperta – ma ancora non spalancata del tutto… – su un nuovo paesaggio sonoro che al rock d’arte totalizzante del passato risponde sviluppando molecole lucenti, quelle del frammento. Proprio da un breve estratto del quindicesimo canto della Bhagavad Gita (La Via della Persona Suprema) e dalle tele di Stelio Castellano che illustrano il disco, i RT partono per un nuovo excursus.
Forti di una line-up a quartetto con la presenza stabile di Raffaello Regoli, i RT approfondiscono l’ipotesi di una musica rituale che, conservando la fisionomia del passato e le conquiste del precedente “Le Roi du Monde”, si concede al fascino per una world music trasfigurata. Il rock-jazz sereno e meditativo di “Stupa”, “Inno a Surya” e “La città rosa” stupisce, gli squarci cari alla Germania cosmica di “TaT” e la coltraniana “Ganesha puja” ribadiscono la dimensione iniziatica del gruppo.
“Affreschi e meditazione” è un disco di passaggio: come spesso accade nei momenti di transizione, il nuovo è alle porte, avvistato ma non ancora abbracciato del tutto. Bentrovati Runaway Totem, spiragli dall’infinito.
D.Z.