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A differenza di altri generi o correnti, lo space rock – come il doom, lo stoner e certo indie – ha geneticamente impressa in sè una staticità di fondo. Basta pensare alle discografie di band pur leggendarie come Hawkwind e Ozric Tentacles per capire quanto possa essere limitato tale schema. Ecco perchè tante formazioni in tutto il mondo ricorrono ai più svariati mezzi per ampliare la formula e cercare un significato nuovo, come stanno facendo Oresund Space Collective, Vespero e First Band From Outer Space.

A questa ristretta e affascinante compagine scandinava si aggiungono i danesi Mantric Muse, che dopo un Ep debuttano con un album omonimo per Transubstans, la collana Record Heaven ormai eletta a label ideale per tali esperimenti. Perchè di questo si tratta, una grande prova di “cosmic cut & paste”: i Mantric partono da chilometriche jam in studio e vi tornano in sede di editing per assemblare il meglio senza disperdere la freschezza e l’interplay catturati.

Qualcuno sicuramente ricorda i nomi dei musicisti di questa band: Magnus Hannibal (chitarre e synth), Ola Eriksson (synth, laptop), Søren Holm Hvilsby (batteria) e Michael Kroglund (basso) si sono messi insieme a Copenhagen nel 1996 e nel 2004 hanno contribuito alla nascita dell’Oresund. “Music for neural travelling”: così il quartetto definisce il proprio rock cosmico, ideale anello di congiunzione tra il classico sound Ozric e il free rock alla Djam Karet, tingendosi addirittura di hard in “Azur”. Sette strumentali ampi e cangianti, con titoli come “Sindbad Sofararen”, “Deep sea chops” e “Sfunx” che svettano per soluzioni, classe e pregnanza.

Un bel debutto, canonico e per alcuni aspetti prevedibile ma trascinante e ipnotico. Si sa, quando la musa è mantrica…

http://www.mantricmuse.dk

 

D.Z.