O tu vai ni’ Perù;
O tu sposti la chiesa;
O tu vinci a i Totocalcio.
Queste sono le tre cose importanti che un uomo deve fare, diceva il Magnifico a uno stralunato Francesco di Prato davanti alla chiesa di don Valerio.
Ognuno ha le sue cose importanti da fare, soprattutto alla soglie dei cinquant’anni. Così ho compilato il mio decalogo, nel quale alcuni obiettivi sono nell’ombra dunque non comunicabili, altri invece si stanno rischiarando e invitano all’azione. Ad esempio il ritorno alla casa paterna, anche per incontrare pezzi tangibili e visibili. Come questo libricino, saltato fuori casualmente/non casualmente.
Fu stampato nel gennaio del 1981, alcuni mesi prima del mio esordio in prima elementare. Un ingresso che ricordo come un calcio in culo ben assestato, visto che non avevo frequentato l’asilo: tra turbamenti e spaesamenti non avevo familiarità né dimestichezza coi piccoli clan in grembiule già strutturati in classe. Ci fu assegnato come librino di studio per conoscere il nostro paese San Giorgio La Montagna, come si chiamava in tempi passati, poi ribattezzato San Giorgio del Sannio in tempi ben più tristi.
L’autore era un omino che, se non erro, godeva di una singolare popolarità locale e aveva una cartoleria poco distante dalla scuola: la ricordo stretta e buia, a differenza di questa manciata di paginette larghe e ariose, moderatamente analitiche, piuttosto notarili. Il font in copertina mi ricordava i titoli di testa dei film di Bud Spencer e Terence Hill; il mio autografo testimonia che almeno all’epoca il contatto con cose scomode non mi spaventava.