Sono tornato da São Miguel – 1200 km dalle coste portoghesi – bagnato da una pioggia di sensazioni.
Alcune appartengono all’area del non comunicabile e resteranno al coperto – intimo mistico.
Altre si affacceranno, goccia dopo goccia atlantica.
Ho portato con me due tracce verdi.
La prima è una fogliolina resistente, appartiene a un arbusto tanto familiare quanto ignoto ai miei occhi: la Camellia Sinensis, meglio nota come pianta del tè. Ha ben piccole foglie, cantava Fossati, ma lì nell’isola c’è l’unica piantagione europea, Plantações de Chá Gorreana si chiama.
La seconda è un rametto. Lo porto nel cuore per tre motivi: mi è stato passato con amorevole gentilezza, in segno di remote alleanze tra flora e umani, anima nell’anima; ricorda la fogliolina nel cerchio scelta da Robert Plant per il quarto dei Led Zeppelin; proviene da un ramo morbido della Cryptomeria, imparentata col cipresso – famiglia delle Cupressaceae – e diffusissima sull’isola.
Uno dei ricordi più tenaci è la variabilità del clima. Qui si possono vivere quattro stagioni in un sol giorno, amano dire i locali.
Se cammini sotto il sole a Ponta Delgada non è escluso che una folata pungente ti spinga d’improvviso al mare, quando ti inerpichi verso Boca do Inferno puoi inumidirti con la nuvola piovosa di Sete Cidades, su al Miradouro da Lagoa do Fogo tocca coprirsi per bene ma scendendo a Ribeira Grande ci si smanica mentre i surfisti attendono la Grande Onda.
Questa mutevolezza si riflette nel paesaggio, gironzolando in macchina capita di vedere coste che ricordano le Shetland, paesini con le chiese tipo Sagrado Corazón de Jesús, baie costellate di pareti di lava scura come Stromboli. Spero che un viaggiatore in giro per la Scozia, il Messico o la Sicilia possa dire, a bocca aperta: toh, qui ricorda proprio le Azzorre.