Qualche anno fa incappai in un librino – digitale se non erro – di scritti critici sulla musica italiana nel quale l’autore partiva in quarta demolendo il cognome di alcuni suoi blasonati colleghi: Massimo Stracotto, Enzo Scortese, Ernesto Ansimante i nomi storpiati che ricordo meglio.
Al netto dei sacrosanti e condivisibili furori di un pamphlet ribelle, a volte si riflette troppo poco sul contributo di professionalità, sulla competenza, anche sulla passione profusa negli anni da figure del genere. Massimo Cotto ha scritto una cinquantina di libri, alcuni deliziosi – mi viene in mente il doppio Rock Bazar, grazie al quale facemmo delle irresistibili interviste a RCB – e altri trascurabili, com’è giusto che sia dinanzi a una mole di pubblicazioni. Abbiamo condiviso più di un editore – mi piace citare il suo Everybody’s talking per Aliberti – e negli ultimi tempi eravamo stati coinvolti in un progettone sui Beatles che sarà dura portare avanti con la stessa energia.
Rispetto a tanti – me in primis – che hanno la risposta lenta e faticosa, Massimo era sempre rapido e gioioso, come quando ci conoscemmo ad Astimusica. Il sottotitolo del suo libro su Paolo Conte era Fammi una domanda di riserva: è così che lo salutiamo, pensando sempre ad un piano B, a una seconda possibilità.