Credo mi abbia fregato Stampa Alternativa.
Avevo un libricino che raccoglieva le frasi di artisti famosi su musica, droghe, sesso e politica.
Ricordo perfettamente a pagina 17 le dichiarazioni su Bruce Springsteen. Keith Richards diceva che ai suoi tempi di Springsteen ce n’erano migliaia. Andy Warhol fu ancora più lapidario:
“Perché Bruce Springsteen è famoso?
Parla come uno scemo. Sembra Sylvester Stallone”.
Siccome il Boss mi piaceva, e album tipo Darkness e The Wild & The Innocent anche tanto, ammetto che mi vergognavo un po’. E onestamente consideravo Born In The USA un gran bel disco rock, anche come documento storico di un periodo apparentemente scintillante e disimpegnato.
Ho letto con curiosità lo speciale sul nuovo numero di Blow Up, una cover story che dimostra ancora una volta che si può raccontare un artista di massa con strumenti analitici e un taglio trasversale. Inoltre nel numero di giugno c’è anche un bel pezzo sul mio libro CSI, scritto dal direttore in persona, che ha colto un passaggio al quale tengo: la scelta di cucire racconti e testimonianze in una sorta di romanzo di formazione, individuale e universale.